Parliamo di persone Hikikomori.
Ma è possibile aiutare chi non vuole essere aiutato?
Partiamo dall’idea che avere a che fare con un figlio hikikomori è una sfida difficile che impegna quotidianamente un genitore. Detto questo la risposta, tornando alla domanda di partenza la risposta è affermativa, è possibile aiutare questi giovani ed è anche un dovere dei genitori farlo, partendo da tre punti fondamentali:
- Il genitore dovrebbe tener presente che non lo sta facendo per sé stesso ma per il figlio: l'obiettivo non deve essere quindi quello di spingere il proprio figlio a vivere la vita che noi riteniamo essere più giusta per lui, ma semplicemente aiutarlo a trovare la sua strada e il proprio stato di benessere.
- Il genitore dovrebbe tenere presente che è possibile aiutare il figlio fino ad un certo punto: è doveroso cercare di aiutarlo, ma non ci si può sostituire ad una persona adulta nelle scelte e nelle azioni: ognuno è padrone della propria vita, anche il proprio figlio.
- Il genitore dovrebbe cercare di continuare a vivere la propria vita: un atteggiamento di abnegazione rischia di provocare un effetto negativo in una persona Hikikomori: sentendo su di sé maggiore pressione da parte dei genitori, potrebbe reagire isolandosi ancor più gravemente. Per questo motivo bisognerebbe che i genitori si sforzassero di continuare a condurre una vita normale senza farsi prendere dalla frenesia e dal panico. La parola d'ordine, in questo caso è "pazienza", imparando le modalità idonee per comunicare con il proprio figlio in maniera funzionale e ripristinando il proprio ruolo genitoriale senza calpestare o denigrare le difficoltà del proprio figlio
E voi avete mai conosciuto persone in ritiro sociale o genitori con questa tipologia di difficoltà famigliare?
Dott.ssa Giulia Burli